
GRANDE EVENTO A STORNARA








2. Cerca di non umiliarci di fronte ai nostri compagni: impareremo meglio se parlerai con noi tranquillamente a quattr'occhi.
3. Evita di usare troppe minacce: potremmo imparare che il potere è tutto ciò che conta.
4. Evita di punirci dandoci più compiti, altrimenti impareremo ad odiare i compiti e anche tu ci diventerai odioso/a.
5. Evita di farci troppe prediche: impareremo più dagli esempi che dalle parole.
6. Evita di farci sentire in colpa per i nostri errori: impareremo meglio ad evitare gli errori se non avremo la sensazione di essere persone sbagliate.
7. Ricorda che non apparirai ridicolo se ti scusi con noi: una scusa leale ci farà provare molta simpatia per te.
8. Cerca di non urlare continuamente: se lo fai, noi ci abitueremo alle tue urla e tu dovrai urlare sempre di più.
9. Cerca di non intimorirci, altrimenti ci incoraggerai a mentire.
10. Evita di zittirci quando facciamo domande: se lo fai, distruggerai la nostra curiosità.
11. Cerca di notare anche i nostri aspetti positivi: saremo spinti a migliorare sempre di più.
Come un insegnante può uccidere la voglia di imparare dell'alunno
1. Assumere un atteggiamento arrogante e intollerante.
2. Svalutare l'alunno o ricorrere ad offese personali.
3. Ricorrere frequentemente a minacce e a punizioni.
4. Incoraggiare un clima competitivo in cui qualcuno emerge a scapito degli altri.
5. Trascurare di valorizzare l'alunno e di incoraggiarlo.
6. Far apparire una materia la più difficile e la più impegnativa di tutte.
7. Caricare di compiti per casa superflui.
8. Ignorare i piccoli sforzi e i piccoli successi dell'alunno.
9. Fare continui paragoni e confronti tra gli alunni.
10. Ricorrere all'ironia umiliando e mettendo in ridicolo l'alunno.
11. Trattare in modo non equo gli alunni privilegiando i propri "pupilli".
(fonte: personale home page del Prof. Gabriele Chiesa)
Alle 7.30 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana viene assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa. Due killer lo affrontano con una pistola calibro 7.65. I quattro proiettili vanno tutti a segno, due alla testa, uno in faccia e uno alla mano, Don Peppe muore all'istante. L'omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio venne pronunciato anche da Giovanni Paolo II durante l'Angelus. Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata principalmente al boss Francesco Schiavone detto Sandokan. Gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare "camorra imprenditrice".
Il barbaro omicidio, dicono gli atti processuali, maturò in un momento di crisi della camorra casalese. In questo periodo, una fazione del clan ordinò l'omicidio di don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per il controllo del territorio.
da Wikipedia, l'enciclopedia libera.











Cari                     fratelli voglio presentarmi, sono la realtà di questo mondo                     e sono venuta a voi perché vi rendiate conto di dove                     vivete, perché, per quanto vedo, avete gli occhi un po’                     chiusi, e forse non vi rendete conto che....
Questa                     nostra società privilegia i forti, coloro che hanno                     possibilità, gli svegli, i ricchi, i potenti e lascia da                     parte coloro che non sono così o non possono stare al passo                     con essi.
Privilegia                     il titolo più che la persona, ciò che uno possiede e non                     ciò che è.
In                     tale situazione il fratello è praticamente inutile. Non è                     preparato come i professionisti, non sa tutto come i saggi,                     non ha i soldi dei ricchi, e la forza dei potenti e del suo                     titolo a nessuno importa; inoltre gli chiedono quando ti ordineranno?
Si                     dice che l’unica cosa che possiede un fratello è la sua                     fraternità, la sua capacità di essere fratello di ogni                     persona che incontra sul suo cammino. Dicono anche che                     questa fraternità non è sua, ma gli viene dal suo incontro                     con un Dio.
Inoltre                     il dono di questo Dio non è per uno solamente, ma si deve                     condividere con gli altri, e questo, scusate, non si addice                     ad uno stile di vita capitalista, neoliberale e                     globalizzato. In questo modo mai potrà diventare ricco.
A                     proposito di ricchi... Si dice che il fratello abbia fatto                     voto di povertà, castità e obbedienza. E perché?
Il                     meglio di questa vita è aver soldi per possedere tutto, per                     fare ciò che uno vuole.
Casto,                     quando la cosa più divertente di questo mondo è poter                     divertirsi con tutte.
E                     obbediente? Obbedire ad altri? A un Dio che non si vede?                     Permettetemi. Io. Solo io so quando, come e perché devo                     fare ciò che faccio. Non dipendo da nessuno!
Poniti                     bene in testa che la fraternità è ciò che questo mondo                     diviso e minacciato non vuole, perché essa porrebbe in                     discussione la sua stessa maniera d’essere e di vivere la                     vita. Vivere una utopia come quella della fraternità non                     riempie di certo la pancia e inoltre, come utopia, non può                     essere condivisa e intesa da tutti.
Ciò                     che vale sono i soldi, i titoli, il potere; questo tutto il                     mondo desidera avere.
Il                     fratello, perciò, è inutile.
Dimmi                     a che serve il fratello !?