domenica 31 maggio 2009


LO SPAZIO TRA DIO E L'UOMO
Tra il dito di Dio e il dito dell'uomo
"...E' lo spazio della storia che Dio e l'uomo dovranno riempire insieme: è lo spazio della comunicazione e della libertà, dell'impegno e dell'attesa ...E' lo spazio dei grandi drammi della libertà, ... dell'imprevedibile e della speranza, di ciò che ancora non si riesce a vedere....
Se le mani i Dio e dell'uomo si toccassero non ci sarebbe spazio nè per la libertà nè per l'attesa, e nemmeno dunque per alcuna forma di vera comunicazione, di vero ascolto: è camminando nel rischio di quello spazio vuoto che si è potuta dare la storia che conosciamo, quella in cui stiamo ancora caminando. .."

In questo spazio si trova il senso di tante lotte per la libertà nei momenti bui della storia della Chiesa.

dal romanzo SINE GLOSSA di Giovanni BRAIDA, Matteoni Editore, Lucca 2005.

giovedì 28 maggio 2009





















da Liberazione

Convegno a Firenze su Galileo: la riflessione di padre Coyne

La contestualizzazione storica della condanna del copernicanesimo ad opera del Sant’Uffizio nel 1616 e poi del processo subito da Galilei nel 1633, restituisce un'immagine più sottile del clima culturale in cui maturò quello che la Chiesa stessa ha da tempo riconosciuto come un proprio tragico errore. Lo sguardo ravvicinato, con cui storici e filosofi della scienza affrontano in questi giorni al Palazzo dei congressi di Firenze la vicenda galileiana, mostra come l’avvento dell’eliocentrismo e della ‘scienza nuova’, scardinavano l’intero sistema aristotelico su cui era fondata la filosofia naturale del tempo, obbligando i teologi a interrogarsi rapidamente sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. Se i giudici dell’Inquisizione non seppero farlo, alla condanna di Galileo, come ‘veementemente sospetto d’eresia’, si giunge in un clima in cui teologi come Foscarini e Campanella avevano compreso il valore delle intuizioni dell’astronomo pisano e la Compagnia di Gesù era impegnata nella divulgazione della scienza moderna. Viene inoltre restituita l’immagine di un Galileo che – come già ricordato da Benedetto XVI -
non rinunciava nella sua attività di scienziato ‘né alla ragione né alla fede’, ma anzi, le valorizzava entrambe fino in fondo, ‘nella loro reciproca fecondità’. Ma quali ulteriori passi in avanti dovrebbe fare la Chiesa oggi per dimostrare la sua volontà di collaborare con la scienza? Sentiamo uno dei relatori, padre George Coyne, lo scienziato gesuita che ha fatto parte della Commissione creata da Giovanni Paolo II per esaminare il Processo Galileo: “Se la Chiesa stessa deve fare ancora qualche cosa, non saprei dirlo; che ci sia da studiare, da approfondire, questo senz’altro. Ma questo tocca più alla comunità degli storici, degli scienziati, forse. Secondo il mio modesto parere, penso che la Chiesa abbia fatto la sua parte con la Commissione, con i discorsi conclusivi, con i discorsi del Santo Padre in cui sono stati ammessi gli errori da entrambe le parti. Gli errori – non cito esattamente il Santo Padre Giovanni Paolo II – gli errori commessi a quei tempi hanno fatto molto soffrire Galileo, errori di cui in quei tempi – si può dire soggettivamente – non si può far colpa: nessuno comprendeva la scienza, perché stava appena nascendo. La maggior parte delle persone non comprendeva bene la Sacra Scrittura, non sapeva bene come interpretarla. Bellarmino credeva che la Sacra Scrittura contenesse dichiarazioni scientifiche: e questo non può essere!”.

Madeleine Delbrêl,
assistente sociale tra Dio e Marx

"...Madeleine soffriva la divisione rigorosa della città tra comunisti e non comunisti, spaccatura che allontanava irrimediabilmente gli operai dalla Chiesa. Aveva studiato il marxismo. Era entrata in dialogo con i comunisti che incontrava nella vita di ogni giorno. Credeva che la chiave per superare la divisione fosse l’amicizia personale, l’amore gratuito: «Ogni uomo — scrive —, comunista o capitalista, buddista o musulmano, è prima di tutto nostro fratello nella creazione». Per «saltare il fosso» che divideva in due la città — da una parte la Chiesa, dall’altra il mondo operaio — Madeleine e le compagne decidono nel 1935 di lasciare il centro sociale della parrocchia, dove risiedevano da due anni, e di affittare un appartamento nel centro di Ivry. Si trovano così a vivere tra gli operai, che in quel tempo erano definiti «proletari»..."
Andrea Riccardi

LAVORATORI
NON ZAVORRA
Intervista di Famiglia Cristiana al Card. Bagnasco
presidente della CEI

sabato 23 maggio 2009


I DIVORZIATI NELLA CHIESA


Fa bene al cuore leggere le parole del cardinal Carlo Maria Martini e di don Luigi Verzé tratte dal libro che hanno scritto insieme, «Siamo tutti nella stessa barca»: parole di comprensione, di apertura e di carità cristiana di cui da tempo si sentiva un grande bisogno.

E il pensiero che sono entrambi anzianissimi e uno dei due anche molto malato dovrebbe in un certo senso rassicurare i fedeli più tradizionalisti e, perciò, magari, turbati se non proprio scandalizzati dalle loro teorie: tra tutti gli uomini di chiesa non sono ormai forse quelli più vicini a Dio e dunque in grado, chissà, di intenderne meglio la voce?
fonte: http://www.rivistadireligione.it/rivista/articolo

Il cardinale Tettamanzi: «Non cè futuro senza solidarietà»

Dalla semplicità dell'uomo di Dio è indicato un percorso che permette all'uomo

di fare un salto verso un tipo di società più accogliente.

venerdì 22 maggio 2009


"Non abbiamo né funzioni né compiti speciali"

Trascrivo solamente la parte conclusiva della lettera che fr. Enzo Bianchi ha scritto nel 40° anniversario della comunità di Bose, evidenziando quello che a me pare rappresenti la sostanza dell'essere cristiani.

"... Cari amici, desideriamo dirvi semplicemente che “noi siamo qui”: restiamo saldi grazie alla fedeltà del Signore ai suoi doni e perseveriamo – nonostante tutte le nostre debolezze e i nostri fallimenti – nel ricominciare ogni giorno a vivere il Vangelo. Non abbiamo né funzioni né compiti speciali, non ci sentiamo nemmeno in grado di “dare testimonianza”, ma tentiamo l’impossibile dell’amore, un amore come quello che Dio ha per il mondo, un’impresa impossibile agli uomini ma possibile a Dio che ce ne ha dato l’esempio in Cristo...

In questo nostro cammino speriamo solo di non scandalizzare nessuno e di porre un “segno”, nulla più: un segno che il regno di Dio è vicino e che siamo tutti chiamati alla conversione. Aiutateci anche voi, con la comunione ravvivata nel Signore Gesù, a essere ciò che è la nostra verità."

Un saluto affettuoso

Il priore di Bose fr. Enzo
vedi: http://www.monasterodibose.it

giovedì 21 maggio 2009


Voi non sapete cosa è la fame!
Non l’avete mai provata. Ma un giorno ad una bambina che aveva la sofferenza della fame sul viso, le fu dato un pezzo di pane e vedendola mangiare briciola per briciola, una alla volta le fu detto … mangia, mangia il pane … e lei guardando rispose: … ho paura che quando il pane sarà finito, avrò di nuovo fame.


da
/aenimale.splinder.com/

L'ORA DEI POVERI

"
Dicono tutti che è l'ora dei poveri, sotto nomi diversi di "povera gente", "massa lavoratrice", "proletariato". Di quest'ora che mi fa pensare all'evangelico "è giunto il momento, ed è questo" (Giovanni, 4, 23), nessuno se ne rallegra al pari di un prete, che, nonostante il "si dice", con la povera gente vive veramente gomito a gomito in campagna e alla periferia, e vede come tira e quanto patisce: ma non vorrei che un giorno i poveri, arcistufi di tante e sviscerate concorrenti dichiarazioni di amore, dicessero a questi e a quelli: "vogliateci un po' meno bene e trattateci un po' meglio". L'allarme è (...) per timore di un possibile baratto - purtroppo già in atto un po' ovunque - tra una "primogenitura e un piatto di lenticchie" (cfr. Genesi, 25, 29ss.). don Primo Mazzolari
foto da: aenimale.splinder.com/
"In Cristo NON C'E Più giudeo Né Greco, NON C'E Più Schiavo Libero NE, NON C'E Più Né maschio femmina" (Gal 3,28)
E vai, vai leggero Dietro Il Sole e il vento,
e canta.
Vai di Paese in Paese e Saluta, "tutti" Saluta:
Il Nero, L'Olivastro e perfino il bianco.
Che "tutti" i PAESI
SI contendano di averti Generato
(David M. Turoldo)

sabato 16 maggio 2009

Ecco i paradossi del voto in condotta che fa media...

Mariangela Bastico critica i provvedimenti ministeriali circa il voto in condotta, ritenendoli contraddittori.

"... da un lato, si accanisce con la bocciatura per indisciplina nei riguardi dei ragazzi con più difficoltà, mentre dall'altro garantisce "il 6 politico" ai ragazzi perbene, visto "che il voto di condotta fa media per l'ammissione all'esame di maturità con le valutazioni delle discipline, consentendo così di colmare anche gravi insufficienze di merito". "Di fatto - commenta la responsabile scuola del Pd - viene annullata la norma seria e rigorosa introdotta dal Ministro Fioroni che prevede per l'ammissione la media del 6 e il recupero dei debiti scolastici degli anni precedenti".

Per la Bastico, questa scelta del ministro "presenta elementi di assoluta incertezza e di illegittimità, dal momento che è assunta in mancanza del regolamento che dà i criteri sulla valutazione (presentato al Consiglio dei Ministri il 13 marzo e non ancora in vigore) e costituisce una interpretazione assai estensiva dell'art. 2 comma 3 della Legge 30 ottobre 2008 n. 169 e dell'OM 8 aprile 2009 n. 40", e può aprire "la strada a tantissimi ricorsi!"

Il paradosso, osserva la parlamentare democratica, è che "un ragazzo molto disciplinato con 10 in condotta potrà essere ammesso all'esame di maturità anche con quattro insufficienze, magari su materie fondamentali... essere buoni, silenziosi, ossequiosi darà un buon credito scolastico: il perbenismo premia! Non premiano, studio, competenza, abilità e conoscenza!"

Infine, il voto inciderà "nella media in modo diverso a seconda del numero di voti su cui la media stessa è calcolata: con meno materie la condotta incide di più, e viceversa. Da ciò deriva una disparità di trattamento tra studenti, a parità di profitto e di condotta".

L'unico antidoto, conclude la Bastico, "alle evidenti ingiustizie saranno l'intelligenza e la capacità di valutazione dei docenti!"
investimenti sicuri



fonte:tuttoscuola.com
L’Italia è il Paese più corrotto dell’Europa occidentale, e quello con la crescita più lenta.
Uno studio ONU collega i due fenomeni chiamando in causa l’analfabetismo funzionale.


Se avrete la pazienza di andare fino in fondo all'articolo, che vi consiglio di leggere, scoprirete delle conclusioni davvero interessanti!

Giorgio Fontana
Che l'ignoranza del popolo sia una delle condizioni migliori per il prosperare dei potenti è storia vecchia quanto l'umanità. La cattiva informazione — o meglio, l'informazione superficiale e volutamente distorta — è un momento chiave del controllo sulle masse.
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Fin qui la storia è nota. Ma oggi il problema del controllo acquista una venatura inquietante secondo due nuove coordinate a prima vista molto distanti fra loro: analfabetismo di ritorno e web.
La rete permette l'affrancamento da una fruizione passiva di elementi "dati" (e consente lo scambio attivo, o addirittura l'inserimento di notizie in prima persona). In questo senso, può essere — ed è stato pensato come — un effettivo passo avanti a livello informativo rispetto a televisione e radio. Ma la rete necessita di ciò che la società televisiva non si aspettava, e cioè un'alfabetizzazione molto solida e la capacità di comprendere/produrre un testo. La televisione ha prodotto la cultura delle immagini e dell'ascolto: Internet, con un colpo di mano incredibile, ha trasformato il mondo in qualcosa di scritto.
Ora: alcuni studi del linguista Luca Nobile (rintracciabili su http://linguaditerra.wordpress.com/), dimostrano che l'alphabetical divide è uno dei mali più sommersi, e insieme più inquietanti, dell'Italia contemporanea. Secondo i dati dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 65% della popolazione italiana non possiede le competenze alfabetiche per interagire nella società dell'informazione. E parliamo di competenze abbastanza basiche, come capire da cima a fondo un articolo di giornale. In termini tecnici, si tratta di "analfabetismo funzionale", e vorrei ripetere la fetta interessata: il 65%. Due terzi del Paese.
Nei suoi articoli, Nobile mostra in modo convincente che il gap alfabetico coinvolge e spiega il gap digitale, "perché un computer è fatto per metà di una tastiera alfabetica, e perché Internet è un luogo a cui si accede digitando parole scritte". Come dicevo sopra, la retorica del bombardamento delle immagini è in parte superata: per molti versi, siamo soggetti a una intrusione sempre maggiore della scrittura nella nostra vita.
Ma stante la situazione registrata dall'OCSE, quello che potrebbe essere uno strumento di affrancamento si trasforma in un ulteriore elemento passivo. Il web non fornisce solo la possibilità di accedere a un numero impressionante di dati, ma consente anche — per gran parte — di commentarli e far nascere reti di discussione. Minando tale contributo con un'alfabetizzazione superficiale, le possibilità democratiche della rete crollano del tutto. Una straordinaria miniera di dati e funzioni che attende solo di essere utilizzata: e che invece, banalmente, non è utilizzata affatto.
Non voglio dire che Internet sia la salvezza e la verità, intendiamoci. Tuttavia consente di verificare delle notizie tramite fonti che venti anni fa sarebbero state di difficile reperibilità. Di reperire, ad esempio, i testi delle leggi emanate e valutare se un'interpretazione fornita da un giornalista è corretta o meno. Prima, questo era abbastanza complicato. Ora è fattibile nello spazio di due o tre click. Il problema è esattamente questo: la capacità di farlo, di compiere questi click.
Allora cosa rimane del web, per la maggioranza "disfunzionale"? Molto spesso, l'appiattimento alla cultura delle immagini: una sorta di tentato ritorno alla vecchia maniera. Youtube ne è l'esempio per eccellenza. Ma persino l'onnipresente Facebook viene in gran parte usato solo per caricare delle foto. Il che da un certo punto di vista è naturale, perché il culto iconico è immediato, di facile fruizione, e non crea automaticamente una posizione morale. Che è precisamente quanto un regime populista desidera.
La cosa più inquietante è che a questo livello il discorso non riguarda la libertà di espressione, ma uno stadio molto basso di possibilità cognitiva. Gran parte del Paese è impossibilitata a farsi un'idea completa di un frammento di testo scritto. Gran parte del Paese è incapace di verificare una notizia risalendo alle fonti tramite un motore di ricerca.
Siamo abituati a indignarci per la carenza di alfabetizzazione dei paesi meno sviluppati, ma la verità è che il problema dell'analfabetismo cresce e si evolve di pari passo allo sviluppo delle società. Si fa più nascosto e insidioso.
E qui il cerchio si chiude. L'istruzione gratuita e libera è una delle conquiste più straordinarie dell'epoca contemporanea. Tendiamo a sottovalutarla perché ci sembra un fattore scontato, ma non lo è affatto. Soprattutto, è grazie a essa che siamo in grado di rapportarci a una realtà sempre più complicata e in continua evoluzione. Dove non arriva la specializzazione tecnica, può arrivare almeno la comprensione: ma entrambe si fondano su un livello di alfabetizzazione non scontato.
A questo punto, anche la pessima gestione ministeriale dell'istruzione italiana appare come un tassello di un puzzle molto più grande. Senz'altro questo dipende da una cattiva distribuzione della ricchezza, che provoca tagli a un settore già di per sé piuttosto martoriato. Ma perché nessuno si prende davvero a cuore il problema? Perché, a voler pensare male, il totale disinteresse verso l'istruzione media potrebbe essere frutto di cattiva fede. Dopotutto, un popolo che non è in grado nemmeno di interagire con la società dell'informazione, è un popolo eccellente per essere preso in giro.
fonte:http://www.ilprimoamore.com/

mercoledì 13 maggio 2009

Lettera ai cercatori di Dio

Questa “Lettera ai cercatori di Dio” è stata preparata per iniziativa della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della Conferenza Episcopale Italiana, come sussidio offerto a chiunque voglia farne oggetto di lettura personale, oltre che come punto di partenza per dialoghi destinati al primo annuncio della fede in Gesù Cristo, all’interno di un itinerario che possa introdurre all’esperienza della vita cristiana nella Chiesa. Il Consiglio Episcopale Permanente ne ha approvato la pubblicazione nella sessione del 22-25 settembre 2008.

Frutto di un lavoro collegiale che ha coinvolto vescovi, teologi, pastoralisti, catecheti ed esperti nella comunicazione, la Lettera si rivolge ai “cercatori di Dio”, a tutti coloro, cioè, che sono alla ricerca del volto del Dio vivente. Lo sono i credenti, che crescono nella conoscenza della fede proprio a partire da domande sempre nuove, e quanti - pur non credendo - avvertono la profondità degli interrogativi su Dio e sulle cose ultime. La Lettera vorrebbe suscitare attenzione e interesse anche in chi non si sente in ricerca, nel pieno rispetto della coscienza di ciascuno, con amicizia e simpatia verso tutti.

Il testo parte da alcune domande che ci sembrano diffuse nel vissuto di molti, per poi proporre l’annuncio cristiano e rispondere alla richiesta: dove e come incontrare il Dio di Gesù Cristo? Ovviamente, la Lettera non intende dire tutto: essa vuole piuttosto suggerire, evocare, attrarre a un successivo approfondimento, per il quale si rimanda a strumenti più adatti e completi, fra cui spiccano il Catechismo della Chiesa Cattolica e i Catechismi della Conferenza Episcopale Italiana.

La Commissione Episcopale si augura che la Lettera possa raggiungere tanti e suscitare reazioni, risposte, nuove domande, che aiutino ciascuno a interrogarsi sul Dio di Gesù Cristo e a lasciarsi interrogare da Lui. Affida perciò al Signore queste pagine e chi le leggerà, perché sia Lui a farne strumento della Sua grazia.

Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi


Roma, 12 aprile 2009, Pasqua di Risurrezione

martedì 12 maggio 2009


NON PASSA LO STRANIERO!

Un conto è arginare gli ingressi e la presenza illegale degli stranieri sul territorio nazionale e un altro è alzare un muro generalizzato contro tutti.
Un conto è definire una politica dell'immigrazione e un altro conto è respingere in modo così indiscriminato da ledere di fatto il principio del diritto di asilo del nostro paese, costituzionalmente garantito.
E' una brutta faccenda questa dei respingimenti in mare promossa dall'Italia in collaborazione con la Libia.
E' una brutta faccenda perchè il nostro paese ha di fatto scelto di non occuparsi minimamente delle condizioni con le quali i migranti respinti vengono "accolti" in Libia.

E' davvero una brutta storia!
Fonte: http://www.korazym.org

La religione non è causa di divisione!

E' quanto ha detto Benedetto XVI nell'incontro nella moschea al-Hussein bin-Tallal di Amman, rivolgendosi ai leader islamici presenti, “non possiamo non essere preoccupati per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un’espressione comune fra persone e con Dio”. Il papa chiede di fare fronte comune contro una forma di laicismo che vuole le religioni ai margini della vita pubblica. “Di fatto – spiega - alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è. Certamente, - constata il papa - il contrasto di tensioni e divisioni fra seguaci di differenti tradizioni religiose, purtroppo, non può essere negato. Tuttavia, non si dà anche il caso che spesso sia la manipolazione ideologica della religione, talvolta a scopi politici, il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società? A fronte di tale situazione, in cui gli oppositori della religione cercano non semplicemente di tacitarne la voce ma di sostituirla con la loro, il bisogno che i credenti siano fedeli ai loro principi e alle loro credenze è sentito in modo quanto mai acuto.”

......

L’incoraggiamento del papa è quello di continuare a lavorare insieme, per “sondare ancor più profondamente l’essenziale rapporto fra Dio e il suo mondo, così che insieme possiamo darci da fare perché la società si accordi armoniosamente con l’ordine divino.”

Secondo il papa, cristiani e musulmani devono continuare a fornire “il loro contributo all’insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società.” Perché “tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana.”

Il papa ricorda che “i Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragione creatrice, che ordina e guida il mondo. E Dio – continua - ci dota della capacità a partecipare a questa Ragione e così ad agire in accordo con ciò che è bene. I Musulmani adorano Dio, Creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all’umanità. E quali credenti nell’unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio.”

Questo non è un limite. “In realtà, - spiega Benedetto XVI - In tal modo, la ragione umana viene rinvigorita nell’impegno di perseguire il suo nobile scopo di servire l’umanità, dando espressione alle nostre comuni aspirazioni più intime, ampliando, piuttosto che manipolarlo o restringerlo, il pubblico dibattito. quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti.Pertanto l’adesione genuina alla religione lungi dal restringere le nostre menti amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l’infinito; fa sì che la libertà sia esercitata in sinergia con la verità, ed arricchisce la cultura con la conoscenza di ciò che riguarda tutto ciò che è vero, buono e bello.”

fonte: http://www.korazym.org

sabato 9 maggio 2009


"Ho eseguito gli ordini ma mi vergogno. Quei disperati ci chiedevano aiuto"
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. "È l'ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati", dice uno degli esecutori del "respingimento". "Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia - aggiunge - ci urlavano: "Fratelli aiutateci". Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l'abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno".

"La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l'ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l'abuso....."



Benedetto XVI in occasione della benedizione della prima pietra dell'Università del Patriarcato latino a Madaba, nella sua visita in Giordania:

"...In realtà, la fede in Dio non sopprime la ricerca della verità; al contrario l'incoraggia. San Paolo esortava i primi cristiani ad aprire le proprie menti a tutto "quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode" (Fil 4,8). Ovviamente la religione, come la scienza e la tecnologia, come la filosofia ed ogni espressione della nostra ricerca della verità, possono corrompersi. La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l'ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l'abuso..... La fede matura in Dio serve grandemente per guidare l'acquisizione e la giusta applicazione della conoscenza. La scienza e la tecnologia offrono benefici straordinari alla società ed hanno migliorato grandemente la qualità della vita di molti esseri umani. Senza dubbio questa è una delle speranze di quanti promuovono questa Università, il cui motto è Sapientia et Scientia. Allo stesso tempo, la scienza ha i suoi limiti. Non può dar risposta a tutte le questioni riguardanti l'uomo e la sua esistenza. In realtà, la persona umana, il suo posto e il suo scopo nell'universo non può essere contenuto all'interno dei confini della scienza. "La natura intellettuale della persona umana si completa e deve completarsi per mezzo della sapienza, che attira dolcemente la mente dell'uomo a cercare ed amare le cose vere e buone" (cfr Gaudium et spes, 15). L'uso della conoscenza scientifica abbisogna della luce orientatrice della sapienza etica. Tale sapienza ha ispirato il giuramento di Ippocrate, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, la Convenzione di Ginevra ed altri lodevoli codici internazionali di comportamento. Pertanto, la sapienza religiosa ed etica, rispondendo alle questioni sul senso e sul valore, giocano un ruolo centrale nella formazione professionale. Conseguentemente, quelle università dove la ricerca della verità va di pari passo con la ricerca di quanto è buono e nobile offrono un servizio indispensabile alla società".

venerdì 8 maggio 2009

Esame di stato nella secondaria 2° grado: il voto di condotta fa media

Prot. AOODGOS/R.U./UN. 4777 Circolare n. 46 , 7 maggio 2009

Dipartimento per l’Istruzione - Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica
OGGETTO: Valutazione del comportamento ai fini dell’esame finale di Stato nella scuola secondaria di secondo grado (anno scolastico 2008/2009)
La fase degli scrutini conclusivi è uno dei momenti qualificanti dell’anno scolastico, poiché costituisce la naturale verifica collegiale degli esiti del processo di insegnamento-apprendimento.
In quanto tale la valutazione degli alunni non può non considerare con la dovuta attenzione i risultati effettivi, in termini di conoscenze e competenze, raggiunti dagli alunni. Al tempo stesso, la valutazione non può risolversi nel semplice calcolo matematico dei voti da essi conseguiti nelle singole discipline, poiché essa investe, come ben sanno dirigenti e docenti, anche una serie di variabili (da quelle personali, temporali e ambientali) che contribuiscono a definire il profilo del singolo alunno e il livello della sua preparazione.
In proposito, anche in relazione ai numerosi quesiti pervenuti dalle scuole e al fine di evitare interpretazioni non uniformi, si ribadisce che il voto di comportamento concorre alla valutazione complessiva dello studente (art. 2, comma 3, legge 30 ottobre 2008, n. 169).
Con riferimento all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, si conferma, pertanto, che il voto di comportamento, per l’anno scolastico corrente (art. 2, comma 1 dell’O.M. 8 aprile 2009, n.40), concorre alla determinazione della media dei voti ai fini sia dell’ammissione all’esame stesso sia della definizione del credito scolastico.
Rimane, ovviamente, l’esclusione dall’esame finale di Stato degli studenti con un voto di comportamento inferiore a 6 decimi.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to Mario Giacomo Dutto

L'INFERNO DEI POVERI!

"Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no". Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le "fortunate" che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar".....

"Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro, anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta. Non so chi sia il padre di Sharon, voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace". Accanto a Florence, c'è una ragazza somala. Anche lei ha subito le pene dell'inferno. "Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato quattro mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell'incubo finisse". Raccontano il loro peregrinare nel deserto in balia di poliziotti e trafficanti. "Ci chiedevano sempre denaro, ma non avevamo più nulla. Ma loro continuavano, ci tenevano legate per giorni e giorni, sperando di ottenere altro denaro"...

"Noi eravamo sole, ma c'erano anche coppie. Spesso gli uomini morivano per le sevizie e le torture che subivano. Le loro mogli imploravano di essere uccise con loro. La rabbia, il dolore, l'impotenza, cambiavano i loro volti, i loro occhi, diventavano esseri senza anima e senza corpo. Aiutateci, aiutateli. Voi italiani non siete cattivi. Non possiamo rischiare di morire nel deserto, in mare, per poi essere rispediti come carne da macello a subire quello che cerchiamo inutilmente di dimenticare"....

Fonte:http://www.repubblica.it - venerdi 08.05.2009

Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati: “inaccettabile” il rimpatrio degli immigrati libici. Venerdì, 8 maggio 2009 (ZENIT.org)

“Senza possibilità di presentare una richiesta d'asilo, questi migranti rischiano ora maltrattamenti o di essere rispediti tra le braccia dei loro persecutori”, si legge in una nota diramata giovedì dall'organizzazione.

Il 6 maggio, tre barconi che portavano 227 migranti – tra cui 40 donne – sono stati salvati da un mercantile e portati dalle vedette della Guardia Costiera italiana in acque maltesi, a 35 miglia da Lampedusa.

La mattina del 7 maggio sono stati quindi riportati in Libia a bordo di tre motovedette italiane.

“Salutata come una svolta storica nella lotta contro le migrazioni clandestine – continua la nota – , questa decisione ignora totalmente il fatto che molte persone che affrontano la traversata hanno davvero bisogno di protezione internazionale”.

Secondo il JRS, “a questi migranti dovrebbe essere data la possibilità di richiedere asilo e di veder rispettata la loro necessità di protezione internazionale”.

Del 75% dei migranti che ha percorso lo stesso tragitto nel Mediterraneo verso l'Italia nel 2008 e ha presentato richiesta di asilo, il 50% ha ricevuto qualche tipo di protezione internazionale, a dimostrazione che “un significativo numero di migranti che attraversa il mare ha bisogno di protezione”.

Poiché la politica dell'Unione Europea sta inasprendo le vie per le migrazioni legali, i migranti si trovano costretti sempre più a utilizzare “vie irregolari ed estremamente pericolose per arrivare in Europa”.

La Libia non offre ai migranti alcun tipo di protezione perché non ha mai sottoscritto la Convenzione ONU di Ginevra del 1951 e non ha alcun sistema efficace di asilo.

“I migranti e i rifugiati a Malta – continua il JRS – descrivono ripetutamente di essere stati detenuti per mesi in Libia, in condizioni terribili, e gravemente maltrattati per aver infranto le norme sull'immigrazione”.

Le loro testimonianze, ricorda il JRS, sono confermate da numerosi rapporti dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e di Amnesty International.

L'agenzia dei gesuiti denuncia poi che “le azioni dell'Italia infrangono la Convenzione Europea per i Diritti Umani, il diritto di asilo” “e le Direttive per la Procedura di Asilo”.

“Tutti gli Stati europei sono vincolati da queste leggi sui diritti umani”, dichiara.

In questa situazione, il JRS esorta gli Stati membri dell'Unione Europa ad assicurare che “a tutti i richiedenti asilo che si trovino nella loro effettiva giurisdizione sia permesso di accedere a un territorio in cui possano richiedere asilo, così che tutti coloro che hanno bisogno di protezione possano essere identificati e veder garantita la propria difesa”.

Allo stesso modo, chiede che “nessuno sia rispedito in un Paese in cui potrebbe subire gravi violazioni dei diritti umani”.

fonte: http://www.zenit.org/

giovedì 7 maggio 2009


Martini: così vedo inferno e paradiso

Il Dio che ha fatto suoi il tempo e la morte, ha dato a noi la sua vita, nel tempo e per l’eternità. La Pasqua del Signore rivela la solidarietà del Dio vivente alla no­stra condizione di abitatori del tempo, e insieme ci dà la garanzia di essere chiamati a divenire gli a­bitatori dell’eternità. Nella risur­rezione di Cristo ci è promessa la vita, così come nella sua morte ci era assicurata la vicinanza fedele di Dio al dolore e alla morte. La Pasqua è l’evento divino nel qua­le ci è rivelata e promessa la de­stinazione del tempo al suo felice compimento nella comunione in Dio. Lo spazio temporale che sta tra l’a­scensione e il ritorno di Cristo nel­la gloria appare così come un e­stendersi del mistero pasquale al­l’intera vicenda umana: nella sof­ferenza e nella morte, che ancora caratterizzano la nostra storia, si fa presente la sofferenza della cro­ce, perché la vita del Risorto sia pregustata da chi con Cristo per­corre il suo esodo pasquale. L’in­tera vita del cristiano è un pelle­grinaggio di morte e risurrezione continua, vissute con Cristo e in Cristo nello Spirito, portando an­zi Cristo in noi, « speranza della gloria».

Vigilare è accettare il continuo morire e risorgere quale legge del­la vita cristiana; le condizioni del­la vigilanza evangelica non sono dunque la stasi o la nostalgia, ben­sì la perenne novità di vita e l’al­leanza celebrata sempre nuova­mente col Signore Gesù che è ve­nuto e che viene. Nella luce dell’evento pa­squale si coglie allora il pieno significato cristiano della morte fisica, ultima vicenda visibile della no­stra esistenza. La morte è evento pasquale, segnato contemporaneamente dall’abbandono e dalla co­munione col Crocifisso ri­sorto. Come Gesù abban­donato sulla croce, ogni morente sperimenta la solitudine dell’istante supremo e la lacera­zione dolorosa; si muore soli! Tut­tavia, come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma l’a­bisso della distanza e fa nascere l’eterna comunione della vita. Per­ciò, per la grande tradizione cri­stiana la morte è dies natalis, gior­no della nascita in Dio, dell’usci­re dal grembo oscuro della Trinità creatrice e redentrice per con­templare svelatamente il volto di Dio, in unione col Figlio, nel vin­colo dello Spirito Santo.

Tutto ciò che segue alla mor­te viene letto dalla fede nel­la luce dell’evento pasquale di Gesù. Il giudizio è l’incontro con lui che raggiunge la persona col suo sguardo penetrante e creato­re e la porta alla piena conoscen­za della verità su se stessa davan­ti all’eterna verità di Dio. La sua vigilante anticipazione avviene nel confronto della coscienza con la Parola, nella celebrazione del sacramento, in particolare della ri­conciliazione, nell’incontro con il fratello bisognoso di aiuto. L’inferno è la condizione insop­portabilmente dolorosa della se­parazione da Cristo, dell’esclusio­ne eterna dal dialogo dell’amore divino; possibilità tragica e però necessaria se si vuol prendere sul serio la libertà che Dio ha dato al­l’uomo di accettarlo o di rifiutar­lo. L’inferno, in quanto possibilità radicale, evidenzia la dignità su­prema della vita umana, il valore sommo della vigilanza e la tragi­cità del male; proprio per questo e in tutto questo evidenzia l’amo­re del Dio che, creandoci senza di noi, non ci salverà senza di noi. E­gli, infatti, che ci ha amati quan­do ancora eravamo peccatori, ri­marrà separato da noi solo se noi ci ostineremo nell’essere separati da lui. Il purgatorio è lo spazio della vigi­lanza esteso misericordiosamen­te e misteriosamente al tempo do­po la morte; è un partecipare alla passione di Cristo per l’ultima pu­rificazione che consentirà di en­trare con lui nella gloria.

La fede nel Dio che ha fatto sua la nostra storia è il vero fondamento del cre­dere a una storia ancora possibile al di là della morte, per chi non è cresciuto quanto avrebbe potuto e dovuto nella conoscenza di Ge­sù. L’anticipazione di tale spazio è il tempo dedicato alla cura della finezza dello spirito che si nutre di sobrietà, distacco, onestà intel­lettuale, frequenti esami di co­scienza, trasparenza del cuore, u­nificazione della vita sotto la regia della sapienza evangelica: come pure dell’ascesi e della purifica­zione necessarie per fortificarci nella tentazione, scioglierci dall’i­nerzia delle nostre colpe e libe­rarci dall’opacità delle nostre abi­tudini cattive. Il paradiso è l’essere eternamente col Signore, nella beatitudine del­l’amore senza fine: «Oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43). La pa­rola del Crocifisso al ladrone pen­tito è la rivelazione di ciò che il pa­radiso è: un « essere con Cristo » , un vivere eternamente in lui il dia­logo dell’amore col Padre nello Spirito Santo. Questa relazione con il Signore, di una ricchezza per noi inimmaginabile, è il principio essenziale, il fondamento stesso di ogni beatitudine dell’esistere.

La vigilanza si esercita nell’antici­pazione della gioia dell’incontro con il Signore e nella letizia della comunione fraterna vissuta con tutti coloro che ne condividono il desiderio. La figura di tale anticipazione è così profonda e delicata da farci comprendere l’importanza della vita contemplativa, pur se la so­stanza dell’anticipazione appar­tiene a ogni vita di fede, sollecita­ta a diventare esperienza vissuta nella confidenza con il Signore e nella fiducia della sua tenera cu­ra. La spiritualità del Cantico dei cantici - lo insegna una tradizio­ne spirituale costante e sempre rinnovata del cristianesimo - è dunque una dimensione vitale della nostra relazione quotidiana con Dio; è il tempo dell’innamo­ramento, destinato a consumarsi nell’esuberanza dell’amore, da coltivare, custodire, impreziosire nell’intimità di un dialogo che rag­giunge le fibre più sensibili del no­stro essere.

Infine, nella luce della risurre­zione di Gesù possiamo intui­re qualcosa di ciò che sarà la risurrezione della carne. In essa l’essere con Cristo si estenderà ad abbracciare la pienezza della per­sona e la globalità dell’esperienza umana anche nella sua dimensio­ne corporea, così come la risurre­zione del Crocifisso nella carne ha portato nella vita eterna la carne del nostro tempo mortale, fatta propria dal Figlio di Dio. L’antici­pazione vigilante della risurrezio­ne finale è in ogni bellezza, in o­gni letizia, in ogni profondità del­la gioia che raggiunge anche il cor­po e le cose, condotte alla loro de­stinazione propria, che è quella delle opere dell’amore. Non dobbiamo dimenticare che il cristianesimo, con alterne vicen­de, ha condotto una dura batta­glia per respingere l’impulso al di­sprezzo del corpo e della materia in favore di una malintesa esalta­zione dell’anima e dello spirito. L’esaltazione dello spirito nel di­sprezzo del corpo, come l’esalta­zione del corpo nel disprezzo del­lo spirito, sono di fatto il seme ma­ligno di una divisione dell’uomo che la grazia incoraggia a com­battere e a sconfiggere.

La vigi­lanza consiste nell’esercizio quo­tidiano dei sensi spirituali, ossia degli stessi sentimenti che furono di Gesù, nella coltivazione della sapienza evangelica che unifica l’esperienza e ci consente di ap­prezzare i legami fini e profondi del corpo con lo spirito. In tal mo­do possiamo custodire fin d’ora, in attesa che si compia la pro­messa della risurrezione della car­ne, il piacere della libertà del cor­po da tutto ciò che è falso e ottu­so, laido e volgare, avido e violen­to. La fede nella risurrezione finale ci aiuta quindi a valorizzare e ama­re il tempo presente e la terra. La vigilanza cristiana, illuminata dal­l’orizzonte ultimo, non è fuga dal mondo, bensì capacità di vivere la fedeltà alla terra e al tempo pre­sente nella fedeltà al cielo e al mondo che deve venire. Nella lu­ce della Pasqua, i novissimi - mor­te, giudizio, inferno, purgatorio, paradiso e risurrezione finale del­la carne - sono tutte forme del­l’essere con Cristo, che è promes­so e donato all’abitatore del tem­po e si configura a seconda del rapporto che, nella vigilanza o nel rifiuto, si stabilisce tra ogni perso­na umana e il Signore Gesù. (illustrazione: L’inferno secondo il celebre affresco di Luca Signorelli in una cappella del Duomo di Orvieto)

Carlo Maria Martini

fonte: Avvenire, 13.02.2009