domenica 28 giugno 2009



Perché questa malattia a me?

Perché questa malattia a me? È colpa dei miei peccati o è un castigo di Dio per colpe che ignoriamo?
Sono un medico di 43 anni e da 6 sono affetta da morbo di Parkinson. Sposata, ho un bimbo di 8 anni. È stato molto difficile rinunciare alla mia vita precedente, in particolare all’attività clinica a contatto con ammalati di gravi patologie. Ho visto decine di persone affrontare con dignità lunghi percorsi di sofferenza per poi morire sereni nella grazia di Dio. Non bisogna mai perdere la speranza e mai lasciarsi sopraffare dal panico. Mi è capitato spesso di svegliarmi nel corso della notte pensando a cosa succederà quando sarò morta. Solo da poco ho capito che l’aiuto dell’amore e di Dio può aiutarti ad affrontare il percorso difficile della vita.
Antonella Di Mario Roma
Amo la vita, sono felice, amo mia moglie, ho un lavoro che mi piace, credo in Dio, vivo intensamente le giornate, amo le cose belle e la natura, mi accontento di ciò che ho, chiedo sempre perdono dei miei peccati. Quando sono solo penso al mistero della vita e della morte fino al punto in cui mai la mente può arrivare, poi penso a Dio. Rimango sempre pieno di paura. Non sono pronto per morire?
Ferdinando Galli Casalbuttano (Cremona)
Due notizie che, apparentemente, non hanno nulla in comune, occupano Tv e giornali: la scomparsa di un aereo dell’Air France e la minaccia dell’atomica da parte della Corea del Nord. Nostra sorella morte, come la chiamava San Francesco, si acquatta ad ogni angolo. Chi scrive è un novantenne che ha moglie con l’Alzheimer da 15 anni e da un anno a letto tracheotomizzata e gastrotomizzata, e un figlio di 62 anni con atrofia spino cerebellare, tracheotomizzato e colostomizzato. Un santo diceva: «De morte subita et improvisa libere nos Domine». Direi il contrario: «Mortem subitam et improvisam concedat nobis Domine».
Mario Spallicci San Paolo del Brasile
Un argomento che non può mancare in una simile corrispondenza è la malattia. Interessa un po’ tutti, direttamente o indirettamente, e suscita molte e gravi questioni: perché la malattia, e perché questa malattia a me? è colpa dei miei peccati e/o delle mie trascuratezze (fumo, alcool ecc.) o è un castigo misterioso di Dio per colpe che ignoriamo, oppure è nulla di tutto questo? E poi: non è ingiusto Dio nel mandare malattie, soprattutto a coloro che più devotamente lo hanno servito? perché tanta sofferenza soprattutto con persone innocenti? perché Gesù ha guarito i malati? perché Gesù non ha risanato tutti i malati del suo tempo? E inoltre: possiamo aver fede nei racconti di guarigione di Gesù riferiti dai Vangeli? esistono ancora oggi fenomeni di guarigione «miracolosa»? e come comportarsi per trarre frutto dalla malattia e non lasciarsi prendere dal pessimismo o dalla disperazione? ecc. ecc. Un grave errore sarebbe certamente quello di cercare risposte solo razionali a un fenomeno che razionale non è, oppure trascurare il Maestro interiore. Quanto all’origine della malattia da peccati palesi o nascosti, Gesù ha atteggiamenti diversificati, a seconda delle persone. Ai discepoli che lo interrogano sul cieco nato, se ha peccato lui o i suoi genitori, risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Giovanni 9,3). Ma al paralitico guarito a Gerusalemme dice: «Ecco che sei guarito: non peccare più». (Giovanni 5,14). In ogni caso parecchie delle lettere che ricevo mi sono di esempio e di aiuto nel superare le difficoltà dovute al morbo di Parkinson. Citerò, tra le altre, due che mi sono state di vera consolazione. Mostrano che non è tanto «trovando le ragioni» della propria malattia, ma cercando di «farsene una ragione», traendone l’impulso ad aiutare anche altri, che si può superare l’inevitabile depressione che accompagna ogni coscienza di malattia un po’ grave. Antonella Di Mario, ti ringrazio per quanto mi scrivi. Sono anch’io convinto che l’amore di Dio è una grande forza soprattutto per il momento della morte. Talvolta mi sveglio di notte con la sensazione della morte vicina, specialmente quando il respiro sembra mancare. Le tue parole mi danno conforto e mi aiutano a guardare con fiducia a ciò che succederà. Fernando Galli, noi non siamo mai abbastanza pronti per morire. Anch’io non so se in quel momento rimarrò in pace o sarò tentato di ribellarmi a Dio e al destino. Ma mi affido al Padre, che guida ogni istante della mia vita, quindi anche quello della morte, e confido in Gesù che morì dicendo: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Vangelo secondo Luca 23,40). Mario Spallicci, partecipo vivamente delle tue grandi sofferenze. Sì, è vero, possiamo anche pregare per una morte subitanea ed improvvisa. Ma l’essenziale è che guardiamo a queste cose con la fiducia di un bambino che si nasconde nel grembo della madre. Perché abbiamo in Dio un padre e una madre, e in Maria madre di Gesù abbiamo anche l’espressione visibile di questo amore.
Fonte: Corriere della sera

mercoledì 24 giugno 2009

Se la nota dicesse...

Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica

...non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina
...non ci sarebbero libri.
Se la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro
...non ci sarebbero case.
Se la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua
che può fare un fiume
...non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano
che può seminare un campo
...non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore
che può salvare l'umanità
...non ci sarebbero mai nè giustizia, nè dignità, nè felicità
sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te,
qui dove sei,
unico,
e perciò insostituibile.

Michel Quoist

martedì 23 giugno 2009

Il dolore degli iraniani

Lettera aperta di un'iraniana al suo popolo e all'Occidente

Tutto e' nero.Tutto ha perso il significato. Anche la lotta virtuale su internet. Su Facebook vedi tutti gli utenti con la stessa foto con i nomi cambiati. Non riconosci più gli amici.

PeaceReporter - Ti dicono di fare la stessa cosa. Ti dicono che gli studenti che in Italia hanno partecipato alle manifestazioni al rientro in Iran sono stati arrestati o si sono visti ritirare il passaporto. "Non tornare in Iran", ti dicono e tu senti un vuoto nel cuore. Fino a poche settimane fa ti sentivi soffocata perche' avevi paura di dire quello che pensavi. Oggi tremi nella prigione dell'angoscia di non poter piu' tornare nel tuo Iran. Pensi agli occhi della ragazza pochi secondi prima della sua morte, li ha visti tutto il mondo. Sta morendo e le dicono "non aver paura" e muore. Non so se ha avuto paura. Non avevo visto morire nessuno. In lei ho visto morire il mio Paese. Nei suoi occhi che si perdevano nel nulla ho visto morire l'umanità. Ebbene ti dici che non hai niente da perdere. Tanto ormai abbiamo perso tutti. Siamo dei grandi perdenti.

Abbiamo perso il nostro Iran. Ha perso la democrazia, cosi' come hanno perso i nuovi amici occidentali dell'Hitler iraniano. Anzi. Qua dobbiamo parlare di tanti Hitler. Stringetevi la mano e fate un brindisi con l'Occidente adesso che l'Iran non esiste piu'. Il nostro grido soffocato verra' forse ricordato dalla storia.
Il nemico e' nostrano. Segue le orme d'Israele. Le folle disperate degli iraniani intorno ai cadaveri morti mi ricordano i palestinesi. Quasi la stessa disperazione, ma la stessa identica angoscia, perche' l'Iran e' ormai occupato.
Noi abbiamo votato, loro ci hanno ucciso e l'Occidente ha taciuto. Voi fate brindisi alla vostra vittoria. Noi piangeremo la nostra rovina.

Solo fino a pochi giorni fa, verde era il colore della speranza. Oggi e' il colore del sangue, del lutto, della perdizione, degli occhi che si spengono per un Paese.
"Non avere paura", mi dico. Eppure piango e tremo. Ho sempre pensato a quelli che per aver detto la verita' dovevano vivere lontano dal Paese. Oggi vedo me e i miei amici tremare afflitti dalla paura. E' immisurabile la profondita' di questo dolore.
Ci hanno dimenticato tutti. Perfino il buon Dio sembra non voler sentire le nostre grida. E io non so piu' cosa rispondere agli amici atei. Hanno un sorriso amaro. Come se mi volessero dire "avevamo ragione noi".
Urla un'intera nazione. E il mondo sta a guardare tutto in silenzio. Aiutateci a rompere il silenzio. Aiutateci a tenere vivo il verde. Aiutateci a salvare quel poco che e' rimasto dell'Iran. Aiutateci a credere che l'umanita' esiste ancora. Non vi chiediamo molto: basta portate qualcosa di verde, fosse anche una semplice foglia attaccata sulla camicia.
E tu, buon Dio Onnipotente, se esisti davvero muovi almeno un dito.

Nardana Talachian, per tutti i ragazzi in piazza a Teheran

L'amnesia della morale

di EDMONDO BERSELLI

"... Anche questo in realtà è uno scandalo nello scandalo. La prova di una torsione così violenta da ridurre il paese al grado zero della politica. Perché ciò che colpisce, o piuttosto ciò che dovrebbe colpire oggi la coscienza generale, non è solo l'indifferenza anonima e spesso compiacente delle platee televisive, narcotizzate dalla "normalità" degli show privati ....

È piuttosto la sensazione "tragica" del degrado che ha contagiato uno dei vertici istituzionali. Ed è per questo che sorprende, e quanto, la sottovalutazione in cui prende forma il giudizio delle classi dirigenti, secondo il calcolo cinico per cui il potere può permettersi qualsiasi scarto rispetto alla regola collettiva...."
Fonte: la Repubblica del 23 giugno 2009

sabato 20 giugno 2009

Veleni e sospetti. La catena delle non chiarezze
"... Il punto centrale, ci sembra, è la necessità di arrivare il più presto possibile a un chiarimento sufficiente a sgomberare il terreno dagli interrogativi più pressanti, che non vengono solo dagli avversari politici ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier.

E se anche non fosse possibile eliminare ogni ombra, perché ad esempio su alcune questioni il bandolo della matassa è in mano alla magistratura, si pongano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchiere e di tempeste mediatiche. Senza illudersi che l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui comportamenti privati. Alla lunga, tutto finisce per avere un prezzo. E il pericolo, soprattutto in questo caso, è che a pagarlo non sia soltanto il singolo debitore di turno, ma l’intero Paese."
fonte: Avvenire

domenica 14 giugno 2009

LA CHIESA E LO STATO

«Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro» (Sant'Ilario di Poitiers, Contro l’imperatore Costanzo 5).

martedì 9 giugno 2009

Benedetto XVI:UNA TRACCIA DELLA TRINITA' E' NEL GENOMA DI OGNI UOMO
L'essere umano porta "nel proprio genoma" la "traccia profonda" dell'amore divino. La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l'amore ci rende felici, perché viviamo per amare ed essere amati .Usando un`analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l`essere umano porta nel proprio 'genoma' la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore".

venerdì 5 giugno 2009


Non vogliamo essere tra i complici di questo furto!
Non accettiamo e mai accetteremo che questo paese continui a rubare vite e futuro alle storie di migliaia di migranti.

Noi missionari abbiamo visto il mondo dall'altra sponda del Mediterraneo e ci è stato donato di udire e toccare speranze e miserie. Di queste ultime le cause sono spesso da rintracciare in questa sponda del mare.

Lo sfruttamento delle risorse, la produzione e vendita di armi, l'iniquità del sistema economico e gli interessi politici dei potenti, congiurano per creare le condizioni dell'impoverimento dei popoli.

Per questo ci tradiremmo se passassimo sotto silenzio quanto sta accadendo nel nostro paese.

In lettere precedenti abbiamo avuto modo di denunciare le derive democratiche e i meccanismi di esclusione che colpiscono le fasce più vulnerabili della nostra società. Tra queste hanno per noi particolare eloquenza i migranti, specialmente coloro di origine africana.

Denunciavamo il "virus"che ha seriamente infettato lo sguardo e lo spirito di porzioni significative della nostra società italiana. Ciò ha stravolto la complessità del fenomeno migratorio costituito da persone che chiedono di costruire un altro futuro. Ribadiamo che il processo migratorio non può e non deve essere contrabbandato come problema di ordine pubblico e dunque inserito nell'ambiguità del fuorviante discorso sulla sicurezza.

Riteniamo che sia un grave crimine rubare la dignità e la storia di chi, come i migranti, incarna la speranza in un futuro differente per tutti. Essi ci troveranno sempre e comunque dalla loro parte per scrivere con loro una storia per tutti.

Ogni volto che incontriamo è anche il racconto del nostro cammino come singoli e come società.In realtà i migranti raccontano di noi e del nostro mondo! L'unico libro quindi che dovremmo scrivere è quello dell'ospitalità ricevuta gratuitamente e ora in dovere di donarla a piene mani.

La lettera vera è quella che la gente ha scritto in noi, missionari migranti in Africa ed altrove. Siamo stati "scritti" dai volti e dalle storie che qui da noi, da tempo ormai, vengono spesso respinte».

...Tu non sai niente di me

Né da dove vengo

Né perché mi trovo nella tua patria...

(Nemàt Mirzazah, poeta esule iraniano)

... Sopra il cuore

firmano le genti un patto eterno

di pace e fraternità...

(Jorge Carrera Androade)

fonte:http://www.nigrizia.com

mercoledì 3 giugno 2009

Amazzonia che macello
Un paio di scarpe Geox, Nike o Adidas, un divano di pelle Chateaux d’Ax, un pasto a base di carne Simmenthal o Montana possono avere un’impronta devastante sull’ultimo polmone del mondo e sul clima del nostro pianeta. Dopo tre anni di indagini sotto copertura, Greenpeace pubblica l’inchiesta “Amazzonia, che macello!” con la quale smonta, pezzo per pezzo, il complesso mercato globale della carne e della pelle e rivela come i giganti brasiliani del comparto zootecnico – parzialmente partecipati dallo stesso governo brasiliano – stanno distruggendo l’Amazzonia e il clima del nostro pianeta. In quest’inchiesta per la prima volta emergono i nomi dei marchi implicati, Greenpeace ricostruisce le filiere fino ai prodotti che ogni giorno tutti noi usiamo e che nascondono una storia di deforestazioni, incendi, abusi e nuove schiavitù della popolazione locale.
fonte:http://www.greenpeace.org/italy/

lunedì 1 giugno 2009



«Gli insegnamenti di Gesù Cristo sono stati una svolta, un modo per confrontarsi con il terribile enigma della vita umana e confondersi di fronte ad esso. Che cosa miracolosa! Quali pensieri deve aver avuto Gesù prima di “aprire la sua bocca” e iniziare il Discorso della montagna. Che pensieri profondi, oscuri e silenziosi (long dark silent thoughts)!»
«Cristo è il primo uomo a essersi reso conto che l’amore è il principio della vita umana. Lui ora risplende sopra di noi più grande che mai e io sarei pronto a scommettere che nel prossimo secolo Cristo (e i pochi altri grandi uomini come lui) riempiranno le menti della gente come mai prima»
Gesù «è stato il primo, e forse l’ultimo, a riconoscere che affrontare il mistero ultimo della vita è l’unica attività importante a questo mondo».

«Abbiamo bisogno di Gesù? Si sta avvicinando quel momento? E questo Agnello di Dio rivelerà (will reveal)? Rivelerà i segreti della gioia sulla terra e nella morte?»

«Dio, devo vedere il tuo volto questa mattina, il Tuo Volto attraverso i vetri polverosi della finestra, fra il vapore e il furore; devo sentire la tua voce sopra il clangore della metropoli. Sono stanco, Dio. Non riesco a scorgere il tuo volto in questa storia».
«Sarò forte come l’acciaio, mio Signore, diventerò sempre più forte, il fuoco mi forgerà, mi renderà più deciso, più saldo, migliore, secondo la tua volontà o Dio perduto, secondo i tuoi comandamenti. Ora lascia che io Ti trovi, come una nuova gioia che invade la terra all’inizio del nuovo giorno, come il cavallo che, nel suo campo, al mattino, vede il padrone giungere verso di lui attraverso l’erba. Ora sono come l’acciaio, mio Signore, tu mi hai reso forte e pieno di speranza. Colpiscimi e risuonerò come una campana!»

Ru486: il farmaco che uccide due volte

Si è svolto venerdì 29 maggio a Bologna presso la sede del Quartiere S. Stefano un incontro pubblico sul tema: "Ru486: il farmaco che uccide due volte".

"Dal dibattito è emerso che l'aborto chimico, oltre a far morire dei bambini innocenti, causa gravi danni anche alle mamme, che vengono traumatizzate per tutta la vita e possono anche morire.
A questo proposito sono state presentate alcune testimonianze in cui si è ribadito che "è un aborto lungo, rischioso, angosciante, doloroso". Il risvolto più agghiacciante di questo tipo di aborto è sul versante psichico, legato al maggior senso di colpa per la donna perché è lei che assume la pillola, all'ansia per un evento che si prolunga per settimane e da cui non si può tornare indietro, alla solitudine, allo sconvolgimento ormonale".
fonte: http://www.zenit.org/article-18465?l=italian